Report Venerdì Positivi: Ascolto e Comunicazione in Famiglia

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Seminario

“ESSERE GENITORI, ESSERE FIGLI: COME GESTIRE EFFICACEMENTE I CONFLITTI”

Buona idea
E' possibile migliorarsi cercando nuove soluzioni ai problemi


L’ascolto attivo in famiglia:…“so di non sapere…”

Come possiamo imparare a comunicare in maniera efficace con i figli?? Come può un genitore farsi ascoltare dai suoi figli e risolvere in maniera costruttiva i conflitti relazionali che quotidianamente si presentano nella loro interazione? Questi e tanti altri quesiti invadono le menti dei genitori.La scienza evidenzia che la condicio sine qua non per essere un comunicatore efficace è rappresentata dalla capacità di saper ascoltare. Imparare ad ascoltare è utile per comprendere di più i figli ed essere loro emotivamente vicini. La fiducia in se stessi e la volontà, dipendono molto dall’incoraggiamento, dall’attenzione e dall’ascolto che i figli ricevono dai genitori. Se i genitori ascoltano con attenzione e cercano di comprendere i figli, quest’ultimi avranno una ragione per raccontare di sé o esprimere i propri stati d’animo. Prestare attenzione alle proprie modalità relazionale, pertanto, risulta fondamentale, essendo la comunicazione il centro e la base di tutto il percorso educativo; a tal proposito la ricerca e la clinica hanno infatti evidenziano che l’efficacia del genitore in qualità di educatore si basa sulla sua capacità di saper ascoltare e comunicare. L’ascolto è l’aspetto più importante di una relazione, in quanto è l’elemento fondamentale per la creazione di rapporti successivi. Ascoltare attivamente significa dare spazio all’altro e riconoscere che il nostro interlocutore è il vero esperto di sé. “Sapere di non sapere”, “sospendere il giudizio” sono i presupposti indispensabili per un ascolto autentico. Ricordiamo che abbiamo due orecchie e una sola bocca, per ascoltare il doppio di quello che diciamo. Tale atteggiamento consente di rinunciare alla pretesa di potere di un “sapere a priori”.

...Che cosa significa ascoltare attivamente??? E soprattutto chi può insegnarcelo???

I principali teorizzatori dell’ascolto attivo sono stati gli psicologi Carl Rogers (1970) e Thomas Gordon (1970), i quali hanno affermato che ascoltare attivamente l’altro significa che il ricevente percepisce e comunica gli stati emozionali e i contenuti dell’emittente nei significati che questi hanno per lui e non per sé. Significa, inoltre, essere dentro l’esperienza dell’emittente, e nello stesso tempo rimanerne fuori. E questo è anche un modo concreto in cui il genitore può realizzare l’atteggiamento educativo dell’autorevolezza, in cui pur permettendo la vicinanza emotiva al figlio, gli garantisce quel distacco proprio di chi sa porsi come guida e riferimento per aiutare l’educando a vedere la sua realtà con occhi diversi.

L’ascolto attivo ha le seguenti funzioni:
  • Consente a chi è ascoltato di ascoltare se stesso;
  • Consente di conoscere meglio l’altro;
  • Consente di favorire l’espressione dei pensieri, delle emozioni e dei bisogni dell’altro;
  • Consente di rispettare e accettare l’altro per quello che è;
  • Consente di cercare autonomamente soluzioni ai problemi espressi;
  • Potenzia autostima e autoefficacia.


L’ascolto attivo può essere introdotto dalle frasi:
  • Ti senti…;
  • Dal tuo punto di vista;
  • Mi stai dicendo;
  • Mi pare di capire;
  • Sembra che tu;
  • Vediamo se ho capito, tu…


COME COMUNICARE EFFICACEMENTE CON I PROPRI FIGLI: INVIARE MESSAGGI IO

“La comunicazione efficace di questi tempi è sempre più importante dato che ha preso mille ed una forma e cerca di soddisfare innumerevoli bisogni. Comunicare è vita, e chi lo sa fare per bene avrà dalla sua la possibilità di vivere una vita piena di possibilità.”
(Thomas Gordon)


IL METODO GORDON

Un buon comunicatore, secondo il metodo Gordon deve essere in possesso di alcune competenze fondamentali: l’ascolto attivo e il messaggio io. Entrambe le tecniche sono oggi ampiamente conosciute ed utilizzate in tutto il mondo, nate entrambe dopo il 1950 ed impiegate ad esordio all’interno di organizzazioni imprenditoriali. Solo nel 1962 Gordon rivede il metodo adattandolo al rapporto genitori figli e portando avanti una serie di corsi ampiamente frequentati che insegnarono ad un’intera generazione di padri e madri a comunicare con i propri ragazzi. Questi metodi sono utili a modificare i comportamenti dei figli ritenuti inaccettabili dai genitori.

IL MESSAGGIO IO

È una rivelazione che descrive le vostre esperienze interiori. I messaggi di auto-rivelazione fanno sapere agli altri cosa provate e in che situazione vi trovate. Un messaggio in prima persona è una comunicazione riguardante l’IO, è onesto, autentico, congruente nella misura in cui riflette la vera natura e intensità dei vostri pensieri e/o sentimenti. E’ un messaggio chiaro e comprensibile, non mascherato da un linguaggio indiretto o vago, è una dichiarazione agli altri sulle vostre opinioni, idee, preferenze, delle vostre emozioni e avversioni, un’affermazione che aiuta gli altri a conoscervi meglio e a capirvi. Grazie alla tecnica del messaggio io, gli interlocutori non si sentono né colpevolizzati, né giudicati, e in questo modo possono ascoltare i bisogni degli altri con maggiore attenzione, ragionando sulle conseguenze a cui portano le proprie azioni.
Gli step della tecnica del messaggio io sono ancora una volta 4:

  1. si inizia descrivendo quel che si prova con un semplice “Io mi sento”;
  2. si prosegue descrivendo il comportamento dell’altro che crea il problema con un “Quando tu”;
  3. si specifica in che modo il comportamento è legato all’emozione con un semplice “Perché”;
  4. infine si esprime ciò che si desidera con un universale “Io voglio”.

Con la frase “Io mi sento triste – Quando non mi ascolti – Perché mi sento ignorato – E vorrei che tu mi considerassi di più” si otterranno sicuramente più risultati che non utilizzando la tecnica messaggi tu “È colpa tua – Quando tu non mi ascolti – Perché mi sento ignorato – Tu sei un egoista”. Nell’ultimo caso l’interlocutore si offenderà, o si arrabbierà e probabilmente attiverà un atteggiamento di difesa che interferirà con la comunicazione. Utilizzare la tecnica del messaggio io è indispensabile quando si attraversa una situazione di difficoltà dettata dall’altrui atteggiamento. Grazie alla tecnica del confronto si condividono quelli che si reputano atteggiamenti inaccettabili e con semplicità si comunica all’altro come ci si sente in un determinato momento. Il pregio della tecnica è quello di non valutare direttamente la persona, ma la sua azione: non “tu sei”, ma “io sento”.

IN SINTESI…

MESSAGGIO TU MESSAGGIO IO
Caratteristiche Caratteristiche
Critica distruttiva, etichettamento, giudizio Critica costruttiva
Rivolto alla persona Rivolto allo specifico comportamento
Linguaggio generico (tu sei sempre il solito…) Linguaggio specifico con cui si contestualizza (quando ti comporti così…)
Interruzione della comunicazione e incomprensione dei propri bisogni. La comunicazione non si blocca, ma continua e i bisogni vengono espressi
EFFETTI NEGATIVI DEL MESSAGGIO-TU EFFETTI BENEFICI MESSAGGIO-IO
L’emittente non esplicita le sue emozioni al ricevente, ma si esprime in maniera generica, offendendo e mortificando.
In questo modo il ricevente non ha la possibilità di riflettere e di capire dove ha sbagliato.
L’emittente si prende la responsabilità delle sue emozioni, descrive accuratamente il comportamento del ricevente che lo infastidisce, ne spiega il motivo offrendo una soluzione.
In questo modo il ricevente si rende conto di quanto i suoi comportamenti possono creare fastidio negli altri.


Grazie alla tecnica del messaggio io, che comporta sempre l’espressione dei propri sentimenti e la disponibilità a cambiare il proprio modo di rapportarsi agli altri, prendendo coscienza responsabilmente dei propri vissuti, i nostri interlocutori non si sentiranno colpevolizzati, né giudicati e insieme potremo ragionare sulle conseguenze delle nostre azioni, per un reciproco re-incorniciamento.

GESTIONE DEI CONFLITTI: IL METODO SENZA PERDENTI

Cosa intendiamo per gestione dei conflitti? Quando pensiamo al conflitto, cosa ci viene in mente? Tensione, disaccordo, fraintendimento, rabbia, ansia, crisi, rottura?
In realtà, il contrasto derivante dalla gestione dei conflitti può trasformarsi in opportunità di crescita e di arricchimento, in cooperazione. Ma come si può giungere a questa nuova visione del conflitto? Sappiamo che ognuno di noi è una persona a sé e ha diritto a soddisfare i propri peculiari bisogni, che talvolta contrastano o non coincidono con quelli altrui. Nella nostra società è prevalente l’orientamento per cui, in presenza di conflitti di valori o idee, necessariamente uno debba perdere e l’altro vincere.
C’è chi si relaziona con atteggiamento aggressivo, per cui antepone il proprio bisogno come dominante. Secondo Gordon, l’ottica autoritaria, in cui la soluzione è accettabile solo per me, appartiene al METODO I: “Io vinco-tu perdi” (ad esempio: “Io so cosa è meglio per te”).
All’opposto, c’è chi si relaziona in maniera passiva, considerando il bisogno dell’altro come prioritario rispetto al proprio. L’ottica del lasciar correre, in cui la soluzione è accettabile solo per l’altro, appartiene invece al METODO II: “Tu vinci-io perdo” (ad esempio: “Fai quel che vuoi”).
In questi due metodi, la comunicazione è unilaterale. Entrambi sono basati sul potere e come reazioni ad esso potranno esserci riduzione della comunicazione, risentimento e frustrazione, competizione, sottomissione, ribellione, ritiro e fuga.
Nella comunicazione esistono barriere quali il valutare, interpretare, sostenere, soluzionare, indagare che portano inevitabilmente al blocco difensivo, sfiducia, frustrazione, senso di colpevolezza nell’altro.
Sei sempre il solito!”, “Come sei ridicolo!”, “Stavolta hai proprio fallito!”… tutti questi appena espressi sono MESSAGGI TU in cui l’attenzione si concentra in negativo sull’altro.
I MESSAGGI IO, al contrario, mettono in evidenza il proprio sentire in relazione al comportamento dell’altro, riportando equilibrio nella relazione e favorendo il dialogo ed il confronto, ad esempio: “Mi sono sentito poco considerato, quando tu sei arrivato in ritardo senza avvisare”.

Esiste una terza possibilità per la risoluzione dei conflitti ed è il Metodo IIIMETODO SENZA PERDENTI.
Gordon spiega che la gestione dei conflitti può essere efficace, giungendo ad una soluzione accettabile per entrambi, con il metodo III, chiamato IL METODO SENZA PERDENTI, fondato su rispetto e parità.
Il terreno fertile su cui poter seminare è l’accettazione dell’altro, che passa attraverso le nostre parole, in congruenza con il non-verbale (postura, gestualità, espressioni del volto…). Diventare capaci di parlare il linguaggio dell’accettazione e della comprensione incoraggia nell’altro autostima, autocontrollo, libertà di poter condividere sentimenti e problemi. Con l’ascolto attivo i genitori possono aiutare i figli a divenire più responsabili; gli insegnanti stimolano gli alunni a crescere, a decidere autonomamente; i leader aiutano i gruppi a trasformare i problemi in occasioni di crescita e di sviluppo personale. Il metodo senza perdenti, dunque, è una tecnica cooperativa per gestire i conflitti, sia fra genitore e alunno, sia fra insegnante e alunno, che fra due o più alunni, fino a coinvolgere l’intero gruppo classe. E’ una tecnica che permette di non lasciare “vincitori e vinti”, perché non fa uso né dell’autoritarismo o dell’aggressività né della tentazione lassista di “far finta di niente”, aspettando che il problema si risolva da sé, cosa che non avviene quasi mai.

In cosa consiste concretamente il metodo senza perdenti di Gordon per la gestione del conflitto?
E’costituito da 6 tappe o fasi successive e distinte:

1. INDIVIDUARE IL PROBLEMA/CONFLITTO: ci si prende del tempo per capire cosa sta succedendo; il problema viene definito come un conflitto di esigenze e non con soluzioni competitive. È necessario catturate l’attenzione di vostro figlio e assicurarsi che abbia voglia risolvere il problema. Scegliete un momento in cui non sia occupato. Ditegli chiaramente che è necessario risolvere il problema; esprimete i sentimenti che avete, i bisogni insoddisfatti o ciò che vi disturba in prima persona (MESSAGGIO IO). Utilizzate la riformulazione come ascolto comprensivo che rifletta quel che l’altro ha detto.
2. PROPORRE LE POSSIBILI SOLUZIONI: lasciate emergere svariate soluzioni; il genitore può suggerire:”Cosa potremmo fare?” Ascoltate con interesse le soluzioni proposte da vostro figlio senza emettere giudizi.
3. VALUTARE LE VARIE SOLUZIONI: il genitore potrebbe dire: “Quale di queste soluzioni sembra migliore?”; è opportuno esprimere i propri bisogni, emozioni o eventuale disaccordo senza giudizi o moralismi, ma spiegando il perché.
4. INDIVIDUARE LA SOLUZIONE MIGLIORE: dopo uno scambio di idee libero e sincero emerge la soluzione spontaneamente. Assicuratevi che sia stato compreso chiaramente che ognuno si impegni a realizzare la soluzione; si potrebbe dire: “Siamo consapevoli entrambi che questo è il nostro accordo e ci impegniamo a rispettarlo”.
5. STABILIRE IN CHE MODO ATTUARE LA SOLUZIONE PRESCELTA: consiste nel programmare e attuare la decisione stabilendo ruoli, mansioni e tempi; è necessario, dunque, elencare dettagliatamente come attuare la decisione, chiarendo chi deve fare cosa e quando.
6. ACCERTARSI CHE LA SOLUZIONE PRESCELTA ABBIA EFFETTIVAMENTE RISOLTO IL PROBLEMA: è necessario chiedere al figlio se è soddisfatto della decisione presa e verificare i risultati.

La risoluzione dei conflitti mediante il metodo III risulta dunque un processo di risoluzione del problema, che si attua attraverso i principi di partecipazione, negoziazione e responsabilità condivisa. Sono necessarie parecchie interazioni per portare a compimento il processo di risoluzione del conflitto. Genitore e figlio collaborano per trovare insieme una soluzione che possa essere accettata da entrambi, una soluzione che rispetti le reciproche esigenze....” (Gordon, 1991, pag.193).
Esso prevede determinati requisiti:

...“Prima che i genitori accettino l'idea di applicare il Metodo III per risolvere i conflitti, debbono aver già acquisito un po’ d'esperienza nell'ascolto attivo. Soltanto usando questa tecnica i genitori potranno essere in grado di incoraggiare i figli a parlare delle proprie esigenze; da parte loro gli figli debbono avere la certezza che i loro bisogni sono compresi ed accettati prima di arrischiarsi ad intraprendere un processo di risoluzione del problema. I genitori devono anche dichiarare quali sono le proprie esigenze in maniera chiara e onesta, utilizzando messaggi in prima persona. I figli avranno paura del Metodo III se sentiranno messaggi in seconda persona che comunicano biasimo, vergogna o disprezzo nei loro confronti. E la loro reazione inevitabile a questo tipo di messaggi sarà di sentirsi già battuti in partenza per cui non vedranno alcun motivo di intraprendere un processo di risoluzione del problema. I figli dovranno anche essere del tutto convinti che il genitore stia applicando un metodo completamente diverso. Egli dovrà in qualche modo comunicare questa sua intenzione: “
Non ho intenzione di esercitare il mio potere su di voi, ma non ho neanche intenzione di lasciare che siate voi ad esercitare il vostro potere su di me. Voglio rispettare le vostre esigenze ma voglio allo stesso tempo che anche voi rispettiate le mie. Proviamo un nuovo metodo che potrà aiutarci a trovare una soluzione che possa rispettare le esigenze di entrambi. La soluzione che adotteremo ci permetterà di vincere entrambi e di ottenere quello che vogliamo”.
E’necessario dunque che i genitori spieghino ai loro figli in cosa consiste il nuovo metodo: può essere anche utile spiegare il Metodo III in termini di risoluzione di un problema: «Abbiamo un problema qui, e mi chiedo come potremmo risolverlo insieme» (Gordon, 1991, pag. 197); inoltre, produce numerosi vantaggi, tra cui:

  • Assenza di risentimento.
  • Si è più motivati ad attuare la soluzione prescelta.
  • Due teste sono meglio di una.
amore per il sapere
Leggendo, informandosi è possibile crescere


Copyright © 2017-2018 Dr.ssa Mariachiara Mazzei
A cura della Dr.ssa Mariachiara Mazzei
Psicologa-Counselor-Ph.D
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Cell: 329-1310010

Bibliografia di riferimento:

Gordon T. (1991) Insegnanti efficaci, Ed. Giunti
Gordon T. (1997) Leader efficaci, Ed. La Meridiana
Gordon T. (1997) Genitori efficaci, Ed. La Meridiana
Mucchielli R. (2008) Apprendere il counseling, Ed. Erickson